Un giorno una docente ha detto una frase che mi ha scossa: “Il Montessori a casa non si può fare, non ha senso”. Diceva che a casa manca il gruppo di pari, oltre alla presenza dell’insegnante e dei materiali adeguati.
Questa frase può avere senso, soprattutto se si parla di fascia d’età dai 3 ai 12 anni e si conosce davvero a fondo qual è la proposta pedagogica Montessori per la scuola.
Ma poi ho fatto alcune riflessioni.
“Il Montessori fatto a casa”.. fare, ecco qui il primo aspetto su cui soffermarsi.
All’interno delle mura scolastiche, per quanto riguarda la tipologia di attività proposte, il Montessori è un metodo vero e proprio con peculiarità e caratteristiche specifiche che è necessario rispettare.
Ogni materiale ha un suo significato, l’insegnante ha una preparazione adatta a proporre adeguatamente quel materiale e, soprattutto nella fascia 6 – 11 anni (ma anche nella Casa dei bambini, seppur in modo differente), il gruppo di pari ha un ruolo fondamentale nell’apprendimento.
Ma Il Montessori non parte dal fare, parte dall’essere.
Parte dal lavoro che l’adulto deve fare su se stesso che è un lavoro di evoluzione e crescita personale profonda.
Parte dall’osservazione del bambino per cogliere in modo pulito e senza giudizio i suoi bisogni.
In questo senso, Il Montessori appunto è una filosofia di vita.
Quindi, il Montessori a casa ha senso?
La risposta secondo me è si.
Si perché non si tratta di far diventare i genitori degli educatori dell’asilo nido o degli insegnanti di scuola primaria o dell’infanzia.
Si tratta di cogliere l’insegnamento della filosofia Montessori per applicarlo alla vita quotidiana nella relazione con se stessi, con gli altri adulti e soprattutto con i bambini.
Concludo con una frase di D. Scanturra, pedagogista montessoriana, che racchiude esattamente il senso di questo articolo:
“Montessori è un modo di comprendere il tuo bambino. E per comprenderlo è necessario osservarlo, osservare il suo comportamento in modo continuo, partecipe, rispettoso ed essere disponibili a trasformarsi, divenendo nuovi adulti, persone capaci di una relazione garbata, delicata e rispettosa con quel bambino, il nostro bambino.
Sta qui la premessa di un’umanità migliore”.
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